Come il gruppo industriale riminese utilizza i servizi per incrementare l’efficienza di processi e prodotti
Le relazioni reciproche fra persona, azienda, macchina, prodotto e mercato, in che senso traggono benefici dallo sviluppo e applicazione dei nuovi strumenti digitali? A quali condizioni?
Risponde Alessandra Benedetti, Direttore della funzione Digital Transformation & Business Remodeling di Scm Group, 900 milioni di fatturato in tecnologie per la lavorazione di materiali e componenti industriali in vari settori merceologici: industria del mobile, edilizia, automotive, aerospaziale, nautica e lavorazione di materie plastiche. Il gruppo condivide con alcune aziende del packaging e in generale dell’automazione una forte cultura e importanti investimenti nello sviluppo digitale di prodotti e di servizi per il mercato.
Scm Group e servitizzazione: può raccontarci quando e da chi è partita la riflessione su questo modello di impresa? A chi vi siete ispirati? Come avete valutato pro e contro e tempi per realizzare questo modello?
È un percorso che è cominciato almeno 10 anni fa, quando la Direzione Generale del Gruppo ha deciso con lungimiranza di isolare ricavi e costi di ricambi e servizi e dare loro dignità di Business Unit. Questo passaggio ha segnato uno spartiacque rispetto al passato: l’after sales smette di essere centro di costo e diventa centro di profitto. Da quel momento, il percorso che abbiamo intrapreso è passato attraverso l’efficacia/efficienza della supply chain e la garanzia del livello di servizio, come punto di partenza per lo sviluppo del business. Alla fornitura di ricambi e servizi tradizionali (break and fix) abbiamo cominciato ad affiancare contratti di manutenzione e forniture di ricambi consigliati, personalizzati secondo il bisogno del cliente.
Nel 2015 abbiamo lanciato la prima piattaforma di e-commerce dove oggi vendiamo circa il 20% del fatturato complessivo di servizi e ricambi. Il passaggio successivo è stato da product a customer orientation: ci siamo sfidati nel ripensare l’esperienza del servizio del cliente e qui la pietra angolare è stata l'installazione del CRM di Gruppo. Il portale di e-commerce, prima puramente transazionale, è diventato “relazionale” e abbiamo cominciato a chiamarlo “portale del cliente” arricchendolo di contenuti. Nel 2020 è stato deciso di dotare tutte le macchine di IoT e quindi di raccogliere i dati di funzionamento ed utilizzo dell’asset per aprire la possibilità a scenari di servizio avanzati come il primo servizio di “additional care” lanciato all’ultima Xylexpo, che include la manutenzione completa dell’asset a carico di Scm Group. Il portale è diventato quindi un portale digitale e il servizio un servizio ibrido, dove l'esperienza è umana ma la fruizione digitale.
Oggi ci stiamo interrogando sempre di più su come possiamo supportare il cliente con un software integrato e scalabile, con una visione di processo e di soluzioni, non più solo di funzionalità e prodotto.
La prossima evoluzione della nostra piattaforma digitale sarà fornire servizi insieme a fornitori che a vario titolo insistono all'interno del processo del cliente; fornitori di componenti che montiamo in macchina o consumabili, fino a immaginare scenari di collaborazione con i nostri concorrenti, consapevoli del fatto che la fabbrica del cliente, che è sempre di più il mondo in cui ci identifichiamo, non è fatta di sole macchine Scm Group.
Ci siamo ispirati a chi questi modelli li ha già esplorati, a partire dall’automotive, ma abbiamo dato un’accezione “originale” al nostro percorso, mettendo al centro le persone, come si evince chiaramente dal servizio di Control Room che poggia su tecnologie come il machine learning, la data platform, la BI, ma nasce dall'esperienza dei nostri tecnici più esperti e innesca di nuovo in loop un'interazione con il cliente che è sempre fornita da un operatore tecnico, quindi una persona.
Più che da una valutazione di convenienza, la scelta è stata dettata da necessità di sopravvivenza. Il contesto competitivo è cambiato, e non basta più il solo prodotto a creare una differenziazione rispetto ai competitor. La battaglia sul prezzo rischia di far entrare l’azienda in una spirale sterile che riduce all’osso la redditività e la capacità di innovare. Ecco che abbiamo cercato il valore nelle nostre competenze distintive immaginando come poterle mettere a servizio del cliente, condividerle, trasferirle attraverso il software e le soluzioni digitali.
Concludo dicendo che le valutazioni econometriche classiche, l’IRR o payback non bastano a motivare lo shift di paradigma dal prodotto al prodotto-servizio, perché è un percorso che richiede visione e tempo. Il vero vantaggio si misura nel supporto che questo programma di cambiamento dà alla strategia di un gruppo industriale come Scm Group.
Da più parti si lamenta la mancanza di persone per lo sviluppo, oltre alla necessità di ricambio generazionale: voi come risolvete? l’AI supplisce? Robotica e Big Data colmano questo vuoto ad oggi incolmabile? Se sì, come e perché?
La tecnologia può aiutare a colmare questo vuoto, ma non lo fa da sola. La chiave è l'integrazione tra tecnologia e talento umano. Investire nella formazione continua, nell'educazione delle nuove generazioni e nell'aggiornamento delle competenze degli attuali lavoratori è fondamentale e lo è ancor di più se questo viene fatto con riferimento allo sviluppo di capacità, non soltanto tecniche, che supportino un nuovo approccio al problem solving, alle relazioni e all’utilizzo della tecnologia.
La tecnologia ci offre strumenti potenti, ma siamo noi a doverli utilizzare con intelligenza e creatività. In questo modo, mentre la tecnologia evolve, noi cresciamo insieme ad essa.
In Scm Group stiamo facendo proprio questo: sono attive iniziative finalizzate alla diffusione di cultura e promozione di mindset nuovi, aperti al cambiamento e predisposti ad accettare e vivere con agio il futuro che sta iniziando già ora.
Queste iniziative, sostenute da importanti investimenti in formazione, muovono tutte dalla convinzione che vivere esperienze nuove e narrarne i benefici e i successi sia il modo più efficace per educare le persone al cambiamento organizzativo dinamico e orientare nuove posture che siano adatte alla conversione dei ruoli e alla riqualificazione professionale.
Nel modello di relazione fornitore-cliente basato sulla servitizzazione ci sono condivisioni di conoscenze e di esperienze ‘bilaterali': intravvede rischi potenziali per i costruttori di macchine automatiche? Alla vostra Control Room ne corrisponde un’altra 'lato cliente' che vede 'cosa e come' agite?
La servitizzazione e la condivisione bilaterale di conoscenze comportano sia vantaggi che sfide. La chiave per gestire questi rischi risiede nella costruzione di una relazione basata su fiducia, ascolto empatico e trasparenza.
Capire i bisogni e le preoccupazioni del cliente, ascoltandolo attivamente, permette di costruire soluzioni personalizzate ed efficienti.
In Control Room abbiamo provato ad affiancare all’ascolto empatico che il Customer Service esercita nella relazione con gli operatori e i manutentori dei nostri clienti, un set di algoritmi che permettono di attivare un canale altrettanto “personale” per l’ascolto della macchina. Questo tipo di ascolto, infatti, non solo migliora la relazione, ma facilita anche l'individuazione tempestiva di eventuali problemi, permettendo di risolverli prima che questi diventino critici, o che addirittura si manifestino. Il cliente decide di rendere trasparenti i suoi dati e noi, in direzione opposta, rendiamo accessibile e fruibile la nostra conoscenza.
La trasparenza va di pari passo con la fiducia e la bidirezionalità è elemento fondativo di entrambe: mentre il cliente fornisce accesso ai suoi dati, noi rendiamo disponibile e fruibile in maniera automatica la nostra base di conoscenza, costruita in più di settant’anni di storia, per spiegare chiaramente le decisioni operative e le ragioni delle nostre prescrizioni. Così facendo, si crea un ambiente in cui il cliente si sente parte integrante del processo. Questa trasparenza, fattore necessario per la condivisione simmetrica di un obiettivo, non solo migliora la soddisfazione del cliente dovuta al miglioramento dei principali KPI produttivi e affidabilistici, ma aumenta anche la sua lealtà e fiducia nel fornitore.
Un cambiamento significativo in tale rapporto è proprio il crescente coinvolgimento del cliente nelle fasi di progettazione della soluzione. Questo approccio collaborativo permette di sviluppare soluzioni più innovative e personalizzate.
Mettere a processo e fare servizio della nostra conoscenza - che viene attivata ed arricchita dalle informazioni che i nostri clienti condividono con noi- rappresenta il passo necessario a costruire un vantaggio competitivo che poggia su nuovi pillar inimitabili, poiché costruiti sulla nostra storia e sulle nostre persone.
Come sta cambiando o cambierà la marginalità dal modello manifatturiero a quello misto, che integra la servitizzazione? Può fare qualche esempio a valori economici ‘relativi'?
Il passaggio dal modello tradizionale di vendita di macchine come beni di capitale (Capex) a quello misto, che integra la servitizzazione e offre il machine-as-a-service, sta rivoluzionando il modo in cui le aziende generano marginalità.
Nel modello tradizionale, la marginalità derivava principalmente dalla vendita iniziale della macchina e dai servizi post-vendita come riparazioni e ricambi. La vendita della macchina rappresentava una spesa di capitale significativa per il cliente, con un'alta marginalità per il costruttore al momento della vendita, ma con ricavi post-vendita limitati e meno prevedibili. Ad esempio, se una macchina costava 100.000 euro, il costruttore poteva ottenere una marginalità del 20%, cioè 20.000 euro, al momento della vendita. I ricavi derivanti dai servizi di manutenzione e ricambi erano variabili e dipendenti dall'usura della macchina e dall'effettiva necessità di interventi.
Nel modello misto con la servitizzazione, la macchina non viene venduta come bene di capitale, ma viene offerta come un servizio continuativo. Ciò implica una diversa distribuzione dei ricavi e della marginalità. La marginalità in questo caso si sposta verso un flusso di entrate più costante e prevedibile derivante dai canoni di servizio regolari pagati dai clienti. Ad esempio, anziché vendere una macchina per 100.000 euro, il costruttore potrebbe addebitare 2.000 euro al mese per l'uso della macchina e i servizi associati. Su base annuale, questo genererebbe 24.000 euro di ricavi ricorrenti, che, distribuiti nel tempo, possono portare a una marginalità complessiva maggiore rispetto alla vendita unica.
Con la servitizzazione, la marginalità percentuale sui servizi può essere significativamente più alta rispetto alla vendita di macchine e servizi post-vendita separati. Se consideriamo che la marginalità sui servizi ricorrenti può essere intorno al 30-40%, su un contratto annuale di 24.000 euro, il costruttore potrebbe ottenere una marginalità di circa 7.200-9.600 euro ogni anno. Questo modello permette anche di includere ulteriori servizi a valore aggiunto, come aggiornamenti software, monitoraggio remoto e manutenzione predittiva, che aumentano ulteriormente i ricavi e la marginalità.
Questo cambiamento non solo migliora la prevedibilità dei ricavi, ma crea anche una relazione più stretta e continuativa con i clienti, che possono beneficiare di servizi più integrati e personalizzati.
Il modello d’impresa basato sulla servitizzazione si dice che sia attuabile solo dalle grandi aziende: in base alla sua esperienza, quanto è vera questa convinzione diffusa?
Il progetto di servitizzazione è un progetto di change management prima di tutto. Cambiare in contesti più “tascabili”, dove si toccano con mano le terminazioni nervose dell’azienda, rispetto a contesti multinazionali e multitecnologici come Scm Group, permette certamente di accelerare. È evidente che la tecnologia da sola non basta e siccome sta diventando sempre più accessibile, la differenza la fanno i team e le persone, che devono avere o sviluppare il giusto mindset. Non è detto che il contesto giusto si sviluppi solo nella grande azienda. Esistono tante realtà medio o piccole che hanno dimostrato di aver avuto la capacità di tras(formarsi).
Controllo della tecnologia, della conoscenza, della finanza, dell’opinione pubblica ma anche della politica tramite la lobbying: è d’accordo sulla necessità di averli tutte e 5? E se sì, ciò esclude di fatto le PMI?
Quello che mi sento di dire, senza avere la presunzione di prendere una posizione specifica in merito, non avendone la competenza, è che oggi assistiamo ad un punto di discontinuità perché l'avvento dell'AI (tecnologia) ha alterato per la prima volta nella storia i rapporti che abbiamo come esseri umani con la ragione (conoscenza) e con la realtà (politica e opinione pubblica). Questo si porta dietro non solo implicazioni sociali, economiche e legali, ma anche filosofiche, spirituali e morali. Non è possibile prevederne le conseguenze, né ignorarne l'esistenza o fare l'errore di considerarli variabili indipendenti. Ma qui ci vorrebbe un'altra intervista per elaborare su un tema complesso come questo!
Credits: COM.PACK (July/August 2024): compacknews.news